Ricordi con Ninì

Carissimo Ninì,

eccomi, arrivo anch’io col mio saluto a te, amatissimo fratello,  ecco la tua “sorellina”, tanto desiderosa di versare  anche una parola, insieme alle lacrime che il grande evento familiare ha fatto scorrere, PASQUA nella PASQUA, la tua PASQUA.

Arrivo, in ritardo, lo so, ad un mese esatto dalla tua partenza.

Pur bagnato dalle lacrime, il desiderio di un saluto diretto a te era stato prosciugato dallo sgomento, dal dolore: le parole hanno richiesto il loro tempo per prendere forma.

Sebbene confortata dai saluti dei tanti che ti hanno amato, amici, e fratelli nel cammino della fede, e nella mia premura di offrire dal monastero il mio conforto, ai tuoi più intimi, Rosa, Lillino, Raffaella, e Michele e poi a noi, i tuoi numerosi fratelli e sorelle – Tobia, Gino, Maddalena, Vittorio, Anna – mentre immaginavo, nelle profondità della  preghiera, i nostri carissimi Franco e Teresa, la nostra giovanissima nipote dai riccioli d’oro, Raffaella, già da molti anni partiti per il CIELO, li immaginavo insieme a mamma e papà, e tanti altri, parenti, amici, terrestri e celesti, con una lunga schiera guidata  dalla Madre Santissima, venirti  incontro, quasi ad accompagnarti,  condurti davanti al Trono dell’Altissimo, dal tuo e nostro Amatissimo GESU’.

Sai bene, Ninì, che noi suore di clausura siamo avvezze a “portare dentro”, tenendo vicini i lontani, in una comunione che ci supera e che spesso noi stesse non sappiamo spiegare, ma che quanti nel mondo hanno imparato a pregare, condividono con noi. E tu eri uno di loro, direi uno di noi…

…tenendo viva la fiamma della fede e il conforto che per la tua stessa fede vissuta in totalità ci raggiungeva. Tutto questo accade nelle nostre profondità custodite e abitate da Dio….

Eppure questo evento così repentino, temuto, e mai pensato così, nella “violenza” di una sottrazione allo sguardo di tutti, ha richiesto anche a me, fisicamente lontana da casa da tanti anni, un tempo di  consapevolezza.

La consapevolezza che non ti vedrò più, non ti  abbraccerò mai più.

Tanta trepidazione vissuta nei giorni del tuo ricovero in isolamento e il mio cantare più intensamente nella nostra liturgia monastica, quasi a voler sfondare le barriere sanitarie e chiedere a Gesù che si facesse Egli stesso PRESENZA al tuo capezzale e trasmettitore del nostro amore e della liturgia dell’ultimo scorcio di Quaresima, attraversata dalla dolorosa esperienza, per tutti, di una pandemia, che non  dava tregua. E voler estendere in qualche modo la preghiera nel desiderio di raggiungere tutti coloro che, giovani e vecchi, credenti e non, stavano soffrendo negli ospedali.

Poi la domenica del Vangelo di Lazzaro: “Signore, ecco, colui che tu ami è malato” e il  risuonare di quell’altro meraviglioso asserto dell’evangelista: “Gesù amava Marta, sua sorella e Lazzaro, la certezza rassicurante che siamo custoditi dal suo AMORE.

La fede trasfigura, la fede consola e i ricordi affiorano mettendo a fuoco la preziosità degli incontri ultimi con te e Rosa, qui a Gerusalemme, Pentecoste 2016 e Ascensione 2017 e ancora gli ultimi, con te in assoluto,  nella mia breve visita in famiglia nel novembre 2017, a casa tua intorno alla tua tavola: la prima volta in grande allegria, con figli e nipoti, e la seconda, più intima e feriale, con te e Rosa, in cui ci siamo concessi, anche, nel pomeriggio, un momento di preghiera in tonalità carismatica e la tua splendida declamazione degli inni del breviario spagnolo, nella lingua che tu amavi e a volte privilegiavi nella preghiera liturgica.

Le tue due visite a Gerusalemme, in occasione del grande raduno di Pentecoste delle Comunità di Gesù brasiliane: il nostro incontro nell’albergo, ex convento dei Maroniti, e le nostre passeggiate nei vicoli della Città Vecchia, tra le esposizioni del coloratissimo suk medio – orientale e la visita al Muro occidentale, che nel momento di preghiera separato, nei settori uomini – donne, aveva raccolto le lacrime di Rosa, insieme a quelle delle donne ebree che consegnano là i loro dolori. Eravamo poi tornati al muro dopo la cenetta insieme nell’hotel dei Maroniti, per assistere all’apertura dello Shabbat, dove avevi potuto rimirare le danze e i canti a girotondo dei giovani ebrei  che accoglievano così, con gioia debordante, la Regina Shabbat e il tuo osservare col desiderio di poterlo raccontare ai nostri giovani occidentali, purtroppo derubati della gioia della fede, e della bellezza del Sacro.

Che gran dono Gesù mi faceva, di poter ricevere la visita del maggiore dei miei fratelli in monastero qui nella Città Santa, con la mia nuova comunità dai colori internazionali per ben due volte e poter condividere con noi la vostra testimonianza di fede, del vostro cammino missionario con la Comunità di Gesù, fino al racconto del vostro primo incontro e innamoramento. Sr Roberta, sorella italiana, sarda, ricorda ancora la tua frase, riferita alla giovanissima Rosa tanto da te subito amata e corteggiata: “Ava scenn do cavadd”, “Scenderà dal cavallo!”

…E poi pregare insieme lo Spirito Santo per il bene della nostra comunità e di ciascuna di noi, infine la visita alla tomba di sr Maria della Trinità, morta giovane nel nostro monastero in odore di santità, nel piccolo cimitero all’interno del giardino di clausura e spingerci qualche passo più addentro, oltre il limite che la clausura impone, per mostrarvi il grande Crocifisso che si innalza tra gli ulivi nel giardino. Mi è  rimasta impresso un piccolo particolare, mentre tu, Rosa ed io camminavamo sul vialetto per giungere al cimitero: la cura e attenzione con la quale hai osservato ed evitato di schiacciare neppure una della grosse formiche che si aggiravano intorno al formicaio, che ogni anno in primavera si riapre consentendo loro di respirare  l’aria e la luce. Eri incuriosito, ma non volevi ferirle. Tutte le volte che passo per là ricordo il tuo gesto.

…E poi l’ultima nostra passeggiata da Notre Dame a Jaffa Gate: Rosa camminava più speditamente di te, e, parlando con padre Dante, non si accorgeva di lasciarti indietro. Allora io ti offrii il mio braccio per dar sollievo alle tue ginocchia doloranti e rendere più lieve il tuo incedere. Fu lì che incrociammo quell’anziano ebreo, religioso osservante, con cappellone, ma non ultraortodosso, che disapprovò con l’agitazione dei gesti e il concitato “lo, lo” che in ebraico significa “no, no”. Io guardavo sorpresa quel vecchio saggio, in agitazione per noi, e tu subito gli gridasti  a voca spiegata in italiano: “E’ mia figlia” ed io, perché lui capisse meglio ripetei in inglese: “I am his daughter”, convinti entrambi di dire la verità.. E poi  ti dissi: “Ninì io sono tua sorella” e tu mi rispondesti “Sì, ma per me tu sei anche mia figlia!”

Bellissima scenetta, ma, a dire il vero tu eri un po’ stizzito dal fatto che quello strano vecchio ebreo sconosciuto osasse censurare il nostro affetto e interloquire sulla nostra bella passeggiata. Io ridevo a crepapelle, in quell’attimo fuggente di felicità.  Cercai di spiegare l’accaduto, a te e a me, causato, forse, dal mio abito monastico, che probabilmente agli occhi del vecchio ebreo censurava il dare il braccio ad un uomo.

Alla fine hai riso anche tu e abbiamo concluso insieme : “Forse è un po’ matto!”, proseguendo la  magnificata passeggiata all’imbrunire fino alla fermata dell’autobus. Gerusalemme sorprende sempre e in tutto quello che accade , nelle strade e nelle piazze, pare esserci comunque  una motivazione religiosa, anche lo sputare per terra, che, raramente, ma ancora accade al passaggio dei cristiani e perfino quando si spara o si tirano sassate o coltellate è per la religione!!! Gerusalemme, Città Santa e Crocifissa, Città che attende lo svelarsi del Risorto, ospite misconosciuto e indesiderato, nascosto nella Sua Casa.

Potrei continuare all’infinito con i ricordi, ma voglio appuntarne solo ancora due:

il primo descrive la gioia di stare con te, quando ero bambina e in modo particolare i percorsi in macchina, con te alla guida per andare dal paese a Bari o per qualche gita al mare. Era tutto un cantare, dalla partenza all’arrivo, La Valsugana, Quel mazzolin di fiori, Il sole dietro ai monti e L’allegra sinfonia con la signora con la piuma sul cappello cha fa amor col maresciallo  e va a spasso con l’ombrello. Ci divertivamo tanto , Tobia ed io e avremmo desiderato che quei chilometri si prolungassero all’infinito. Smettevi il canto solo per spiegarci qualcosa di interessante da osservare lungo la via.

Il secondo ricordo è riaffiorato mentre leggevo in questi giorni la testimonianza degli anziani del nostro paese, probabilmente tuoi coetanei, così descritta da un tuo amico in tua memoria: “Toccava a lui fare il sindaco di Gravina nelle elezioni comunali del 1960 ci raccontano gli anziani del paese, Ci fu l’opposizione da parte del vescovo dell’epoca, mons. Aldo Forzoni, il quale motivò la sua scelta: “Le pozzanghere non si puliscono con i panni di lino.” Fu un riconoscimento esplicito alle doti morali dell’avvocato che non doveva avventurarsi in un ambiente acquitrinoso.”

Rileggere questa frase ha fatto riemergere il ricordo  e mi è risuonata dentro con forza, ricordando le discussioni animate tra te, Ninì. e papà, che non trovava pace considerandola una palese ingiustizia, mentre mamma custodiva in cuore, più che il dolore,  l’elogio al suo beneamato figlio da parte del santo vescovo fiesolano. Pur contenendo un diniego il vescovo aveva colto la tua bellezza interiore, la tua purezza ed ella ne rimaneva fiera.

Io, bambina di sette anni, capivo tanto, certo non tutto, ma custodivo anch’io questo come un evento veramente prezioso, che mi faceva gustare la tua grandezza morale.

I tuoi grandi ideali, espressi con la tua perita eloquenza, erano riusciti dopo tantissimi anni a far cambiare colore alla rossa Gravina, comunista di vecchia tradizione, nei risultati elettorali di quell’anno.

Il Signore ti ha mantenuto saldo nei tuoi ideali, ma ha tenuto mondo il prezioso panno di lino che eri, sei e resterai per sempre. e lo ha fatto anche in seguito, quando a livello politico hai subito altri tradimenti e delusioni nel partito nel quale avevi continuato a credere e a sostenere nell’impegno politico a favore del nostro paese, nell’amore del bene comune e dei tesori etici della cristianità e che la stessa cristianità tiepida ha tante volte abdicato (ripenso qui al tuo impegno nel referendum affinché non passasse la legge abortiva in Italia)

Gesù aveva un ben più alto progetto per te e oggi ne vediamo il BEATO COMPIMENTO!

La tua sorellina Alba Chiara della Risurrezione, (Rosa, al fonte battesimale) che ti scrive dalla sua cella monastica nel Monastero Sainte Claire in Gerusalemme il giorno 30 aprile, trigesimo della tua partenza nell’eterna e beata Dimora.

Rivisto e inviato il 3 maggio, giorno anniversario della partenza verso l’alto del nostro papà Michele, tanto attivo e inquieto, quanto onesto e ricercatore della giustizia sociale.

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