Omelia trigesimo Ninì

Carissima Rosa, cara sposa di Ninì, voi cari amati figli e nipoti, tutti voi familiari e amici di Ninì.
Carissimo Matteo, Presidente della Comunità di Gesù,
carissimi fratelli e sorelle della Comunità di Gesù,
siamo qui in questa Celebrazione, anche se distanti l’uno dall’altro, ma certi che il Santo Sacrificio, sempre, quindi anche in questo momento, ci avvicina e ci unisce, perché attualizza l’unico sacrificio di Cristo Salvatore, insieme all’offerta della Chiesa, il «sacrificio della lode e della adorazione».
Perciò, penso non ci sia un modo migliore di ringraziare il Signore con l’Eucaristia e così ricordare il nostro carissimo avvocato Nunzio Langiulli che, i suoi cari, i suoi parenti, gli amici, e i fratelli e le sorelle della Comunità di Gesù, sempre hanno chiamato e così lo ricorderemo affettuosamente e semplicemente come “Ninì”.

La prima lettura (cfr. At 8,26-40) che oggi ci regala la Chiesa è proprio per lui.
Era la prima volta che il Vangelo di Gesu Cristo era stato annunciato a uno straniero di Etiopia. Questo funzionario era uno dei primi cristiani di origine gentile, cioè non ebreo. Probabilmente questo personaggio importante simpatizzava con la fede ebraica, ecco perché era andato in pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme e ora stava leggendo il Libro del profeta Isaia.
Filippo imita esattamente il metodo che Gesù usò con i discepoli di Emmaus (cfr. Lc 24,13-35). Vi ricordate quel passaggio?
Allora, si mette accanto di questo funzionario etiope e ascolta ciò che stava leggendo. Dal Libro del Profeta Isaia stava leggendo il racconto delle sofferenze del Servo del Signore. E così, man mano, interpretando quel bel testo, gli annuncia la buona notizia di Gesù Cristo. La Parola del Signore tocca il cuore di questo alto funzionario, tanto da chiedere di essere subito battezzato.
Filippo aveva agito secondo lo Spirito Santo e poi viene rapito dallo stesso Spirito.

Nella sua vita Ninì ha agito come Filippo. Ha lasciato ardere il suo cuore con la Parola del Signore e si è lasciato guidare dallo Spirito Santo. Indubbiamente era un uomo pentecostale, carismatico. E la sua passione per il Vangelo lo faceva infiammare!!!
Consiglia l’apostolo Pietro di “essere pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3,15). Era un avvocato del Signore, perciò aveva sempre la parola giusta per annunciare con gioia e coraggio Colui che era tutto nella sua vita, e così faceva esplodere la lode e l’adorazione.
Quando Filippo battezzò l’etiope crollarono le barriere geografiche, etniche e religiose. Anche per Ninì non c’erano barriere geografiche ed etniche per seminare la Parola di Dio: a Gravina, e da Gravina arrivò dovunque: in Italia, in Europa e in America. A Buenos Aires e a Córdoba, in Argentina, e a Rio de Janeiro, in Brasile, insieme a sua moglie Rosa, a Matteo Calisi e ad altri missionari, portò la fiamma del carisma della Comunità di Gesù, che tanto, tantissimo ha amato. Perciò i canti in diverse lingue di questa Celebrazione Eucaristica ci ricordano il dono delle lingue che aveva Ninì, che voleva risvegliare ogni volta che pregava la liturgia delle ore nella sua giornata: una volta in italiano, un’altra in spagnolo o in portoghese.

Non c’erano nemmeno barriere religiose: era amico di sacerdoti, pastori e fedeli di altre chiese cristiane, era amico di fedeli di altre religioni. Perciò aveva lavorato con grande entusiasmo nell’Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso, della Diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti.
Nel Vangelo che abbiamo ascoltato (cfr. Gv 11,1-44), San Giovanni ci presenta l’ultimo segno di Gesù, il più ammirevole, il più sorprendente. Cosa può esserci di più bello che vedere un morto tornare alla vita, che esce vivo dalla sua tomba? Perciò questo racconto è il culmine dei segni che sono narrati nella prima parte del Vangelo di Giovanni. Ma allo stesso tempo, in questo testo si manifesta l’autentica umanità di Gesù, i suoi affetti ed emozioni, la sua capacità umana di tenerezza e di amicizia.
Quando Lazzaro si ammala, mandano a dire a Gesù: “Signore, ecco, colui che tu ami è malato” (v. 11), e poi vediamo l’emozione del cuore di Gesù, che soffre davanti all’amico morto. Sappiamo che il suo pianto non era apparente, perché il Vangelo dice che Gesù conteneva la sua emozione fino a quando esplose e si espresse in lacrime.
Ma quando Gesù riporta in vita Lazzaro, sta manifestando che lui è venuto per dare la vita in abbondanza e sta anticipando la propria risurrezione. Tuttavia, dobbiamo distinguere la risurrezione di Lazzaro dalla risurrezione di Gesù. Lazzaro semplicemente tornò in vita, ma poi morì di nuovo.
Invece, la risurrezione di Cristo è la trasformazione totale della sua umanità, e dalla sua risurrezione Gesù può essere presente nel più intimo dei nostri cuori, riversando la sua grazia, dandoci una nuova vita. La risurrezione di Lazzaro è stata solo un segno di qualcosa di molto più importante.
Quando Gesù dice: “chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno” (v. 26) e “anche se muore, vivrà” (v. 25) non si riferisce alla vita del corpo ma alla vita più profonda del cuore umano. Colui che ha nel suo cuore l’amore e la luce di Gesù, non perde nulla di ciò quando muore, ma continua ad essere in comunione con Gesù.
Posso immaginare quanto piaceva questo Vangelo a Ninì, Gesù fa tornare alla vita il suo carissimo amico. Ninì attingeva dal Signore la forza e la speranza della sua risurrezione, e la comunicava agli altri con sicurezza. Quanti sono stati beneficati dalle sue parole di conforto!!!
Oggi possiamo pensare Ninì al posto di Lazzaro.

Signore Gesù, inanzitutto Ninì è colui che tu ami, ma tu lo sai meglio di noi: è colui che tanto ti ha cercato, ti ha adorato, ti ha lodato, ti ha amato nascosto nei fratelli, nei piccoli e nei poveri. Prendilo per mano e portalo con te.
Nell’attesa di ritrovarlo, non finiremo mai di ringraziarti per il dono della sua vita, e siamo certi che lui non mancherà di parlarti di tutti noi e di chiedere ogni bene per tutti noi. Amen.

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